Un pò di storia...
L'eruzione del 1537
Le eruzioni del 1536 e 1537 interessarono il medio versante meridionale, causando danni alle aree coltivate, al paese di Nicolosi e al casale di Mompilieri.
Giuseppe Recupero nel suo libro “Storia Naturale e Generale dell’Etna” pubblicato nel 1815 così descrive l’eruzione del 1537: “A dì 11 marzo 1537 nella detta montagna di Mongibello si aprirono molte bocche sopra lo monte chiamato del Spriviero … che tutte furono fatte con monte Nero dall’incendio di quell’anno”. In ogni caso nessuna carta topografica attuale riporta il monte Spriviero, (probabilmente sparito a causa delle eruzioni succedutesi nei secoli). Questo evento generò il cono vulcanico di Monte Nero (altezza 2182 m s.l.m. – versante S) – che si trova vicino a monte Nero degli Zappini a quota lievemente superiore; probabilmente si tratta dello stesso sistema di alimentazione, una importante via di risalita magmatica facente parte del cosiddetto “rift Sud”, la quale nel corso dei secoli ha dato luogo a violente eruzioni. Monte Nero sovrasta l’Osservatorio Etneo di Serra la Nave.
Un altro importante studioso dell’Etna d’altri tempi, il Carrera cita la seconda fase di questa eruzione nella sua opera “Il Mongibello descritto in tre libri”: “L’11 maggio 1537, a seguito di nuovi brontolii simili a tuoni, altre bocche apparvero a monte di quelle dell’anno precedente (frattura vicino Monte San Leo apertasi il 23 marzo 1536, Grotte di Paternò e Montenegro, attuale Monte Nero del Bosco che si trova poco più a valle dei Monti Silvestri).
Da questa frattura si dipartono diversi bracci. In 4 giorni uno di questi lambisce il vecchio Monastero dei Benedettini di San Nicolò La Rena (oggi sede del Parco dell’Etna), altri scendono più a valle. Uno si fermerà, toccandola, sulla parete Nord della chiesa dedicata alla Santa Maria Annunziata nell’antico casale di Mompilieri, tanto che gli abitanti del tempo gridarono al miracolo. Un frammento di questa colata è visibile ai nostri giorni all’interno della Grotta del Santuario di Mompilieri, che altro non è che proprio parte della navata a nord della vecchia chiesa che fu poi completamente ricoperta dalla lava dell’eruzione del 1669.
L’ultimo braccio, il più lungo per estensione, arrivò in territorio dell’odierna Mascalucia, nella zona del Parco di Monte Ciraulo.